Intelligenza artificiale: cosa c’è da sapere
Oggigiorno sentiamo spesso parlare di intelligenza artificiale: automobili a guida autonoma, robot in grado di emulare l’uomo, dispositivi per le nostre “smart home” come termostati in grado di programmarsi da soli in base alle abitudini dei proprietari di casa. Ma che cos’è esattamente l’intelligenza artificiale?
L’espressione può risultare per certi aspetti paradossale: l’intelligenza è da sempre una peculiarità tipica dell’essere umano e associarla al termine artificiale (che ha una connotazione totalmente opposta) genera un ossimoro, ovverosia l’accostamento di due termini in completa opposizione fra loro. Curioso, no?
Ma torniamo a noi: quando e da chi nasce il concetto di intelligenza artificiale? Il termine è stato utilizzato per la prima volta da un informatico statunitense, John McCarthy , negli anni ’50 del secolo scorso, con il significato iniziale di “scienza in grado di produrre macchine intelligenti”. In realtà con il passare degli anni e il conseguente sviluppo della tecnologia, dietro al termine ‘intelligenza artificiale’ si cela un significato ben più profondo. L’ingegnere italiano Marco Solmavico ha fornito una definizione più ampia, presentandola come: “disciplina che consente la progettazione di sistemi capaci di fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana”. In poche parole possiamo quindi dire che l’intelligenza artificiale è, per definizione, l’abilità di un computer di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana.
Alla radice di tutto ciò persistono due concetti fondamentali: le reti neurali artificiali e la logica fuzzy. Il primo è un modello matematico che simula le reti neuronali della mente umana, cioè quelle cellule nervose con compiti di riconoscimento, memorizzazione e reazione agli stimoli provenienti dall’esterno. La seconda rivoluziona in qualche modo la logica binaria dei computer secondo cui un’affermazione può essere o vera o falsa (lo zero e l’uno), senza vie di mezzo. Sono proprio queste ultime a far parte invece della logica fuzzy, che ha introdotto un valore di verità intermedio (0.3 piuttosto che 0.8, per esempio) che consente ad un’affermazione di essere riconosciuta anche come vera e/o falsa soltanto in parte.
Il Machine Learning
L’intelligenza artificiale si ramifica poi in più branche, una delle quali costituisce l’apprendimento automatico o il cosiddetto machine learning: l’algoritmo che rende i computer ancora più intelligenti. Quando parliamo di apprendimento automatico in informatica intendiamo una serie di meccanismi che permettono ad una macchina dotata di intelligenza artificiale di costruire modelli automatici in grado di migliorare le proprie capacità nel tempo. Banalmente possiamo sintetizzare il tutto affermando che il machine learning insegna ai computer e ai robot a fare azioni ed attività imparando dall’esperienza come avviene sia per esseri umani sia per animali.
Un esempio? Le sopracitate automobili a guida autonoma (automotive), che sfruttano un complesso sistema di telecamere e sensori permettendole di prendere decisioni su eventuali frenate e modalità di guida a seconda del contesto. L’apprendimento automatico consente alla vettura di ricordare la strada percorsa riconoscendo ed evitando gli ostacoli incontrati in precedenza. In tal modo, migliorando sempre di più questa tecnologia, arriveremo ad un punto in cui le automobili del futuro saranno in grado di evitare collisioni e pedoni, riducendo notevolmente il numero di vittime per incidenti stradali.
Il machine learning è, al giorno d’oggi, utilizzato anche e soprattutto all’interno di molte aziende. Amazon fornisce numerosi servizi di questo genere (Amazon Comprehend ne è un esempio), che adottano l’apprendimento automatico per estrarre informazioni in grado di captare elementi impliciti nel testo da analizzare, come parole chiave, frasi, persone e luoghi. Inoltre i modelli di apprendimento automatico sono sensibili al sentimento nascosto nel linguaggio, permettendo quindi l’identificazione di recensioni negative o interazioni positive con il cliente basandosi soltanto sul testo in analisi.
Una buona percentuale di aziende utilizza questo tipo di apprendimento: noi di Cualeva ne siamo un esempio e nel prossimo articolo entreremo maggiormente nei dettagli.
– Ginni Rometty (imprenditrice statunitense, presidente e CEO di IBM)