Smart Working

Lo smart working, o lavoro agile, è un termine che, soprattutto nell’ultimo periodo, si sta facendo sempre più sentire, Ma cos’è esattamente ? Domanda non scontata, infatti si tende spesso a far confusione e a confonderlo con il Telelavoro (di cui abbiamo parlato nell’articolo precedente, troverete il link in basso), ma fra i due le differenze sono sostanziali. Lo spiega in modo molto chiaro il Ministero del Lavoro: “lo Smart Working (o Lavoro Agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.

Il lavoro agile infatti ha come obiettivo il raggiungimento di un certo livello di libertà e autogestione da parte dei dipendenti. Essi infatti, oltre che a poter lavorare da casa (ma anche al parco, perché no), non sono nemmeno sottoposti a particolari fasce orarie da seguire. 
Il lavoratore agile infatti viene responsabilizzato al raggiungimento di particolari obiettivi aziendali o personali, che però può raggiungere quando e come vuole (ovviamente con certi limiti). Si pensa che in questo modo la creatività dei soggetti Smart possa essere stimolata, favorendo maggiori risultati e, paradossalmente, in tempi minori. Secondo molti studi infatti, l’uomo ‘funziona’ meglio quando lavora per piacere e non solo per denaro o per imposizione. 

È un approccio che presuppone però un profondo cambiamento culturale, una revisione radicale del modello organizzativo delle aziende e il ripensamento delle modalità che caratterizzano il lavoro non solo fuori ma anche all’interno dell’azienda, cosa che si ripercuote anche sull’organizzazione degli spazi, che devono essere ripensati e sempre più ispirati ai principi di flessibilità, virtualizzazione, collaborazione tra le persone. 

Parlando di vantaggi concreti però possiamo affermare che alcuni per i lavoratori risultino abbastanza evidenti: primo fra tutti la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro. Lavorando da casa, infatti, si riesce a gestire meglio il proprio equilibrio vita-lavoro, valorizzando il tempo a disposizione e abbattendo i costi legati agli spostamenti. L’introduzione dello smart working, impattando sul benessere e sulla qualità della vita dei propri dipendenti, può essere inoltre considerato una misura di welfare aziendale e si riflette così in positivo anche sulla produttività. 

Ci sono poi altri aspetti di profonda innovazione e miglioramento che vanno sottolineati, sia per i lavoratori che per le amministrazioni. Eccone alcuni più influenti: 

  • valorizzazione delle risorse umane e responsabilizzazione. Ci si concentra sui risultati del lavoro e non sugli aspetti formali; 
  • razionalizzazione nell’uso delle risorse e aumento della produttività, quindi risparmio in termini di costi e miglioramento dei servizi offerti; 
  • promozione dell’uso delle tecnologie digitali più innovative e utilizzo dello smart working come leva per la trasformazione digitale e per lo sviluppo delle conoscenze digitali; 
  •  rafforzamento dei sistemi di misurazione e valutazione delle performance basate sui risultati e sui livelli di servizio; 
  • riduzione delle forme di “assenteismo fisiologico”; 
  • attrazione di talenti; 

Oltre che a una cultura organizzativa rimodellata cosa serve per attivare un processo di rivoluzione verso lo Smart Working? Sicuramente la tecnologia. Come possiamo leggere nel terzo punto sopra riportato, lo Smart Working e la Digital Transformation devono essere sullo stesso livello di priorità per l’azienda. 

La rivoluzione digitale ha già cambiato in molte realtà la filosofia di approccio al lavoro, consentendo una maggiore flessibilità che altrimenti non sarebbe possibile ottenere.  

Nella logica dello smart working, ricordiamo infine che il datore di lavoro non deve necessariamente mettere a disposizione del lavoratore le tecnologie per lavorare in mobilità, la logica è quella del Bring your own device (BYOD), ovvero la possibilità di usare i propri dispositivi personali fuori (e dentro) il posto di lavoro. Ovviamente usare i propri device per avere accesso alle informazioni relative al proprio lavoro da qualunque luogo ci si trovi, implica un’attenzione particolare ai temi della sicurezza, perché diventa fondamentale proteggere non solo l’infrastruttura aziendale, ma anche pc, smartphone e tablet dei dipendenti.